martedì 8 aprile 2008

Di nome e di fatto..




A volte l’intervento del veterinario esula dalla medicina a tal punto da sconfinare in altre professioni. Mi chiedo se questo tipo di disagi colpisca anche i medici “umani”, ma lì forse è meno plausibile che si renda utile la figura del “Dott. Falegname”. A me è capitato circa un mese fa. Mattinata fitta di appuntamenti, durante una delle ultime visite ricevo una telefonata allarmante: “Dottore, non è che avrebbe una sega?”. “Prego?! -rispondo già sapendo che non sarà una giornata facile- Si una sega, sa, la mia gatta ha il vizio di nascondersi sempre dietro il lavandino in cucina ed è rimasta incastrata nel mobile. Sono già due ore che si lamenta e cerca di uscire, ma non riesco proprio ad aiutarla. L’unico modo sarebbe di segare la staffa del mobile e disincastrare la micia..” (silenzio speranzoso)...io purtroppo una sega ce l’ho e quindi tra lo sconcertato e lo sconcertatissimo appunto l’indirizzo della signora, sbrigo l’ultima visita e mi incammino verso l’ennesima follia lavorativa della mia vita. Arrivato sul luogo mi rendo conto che nessuno aveva esagerato: la gatta era effettivamente incastrata e non c’era verso di smuoverla. Il mobile della cucina poi: un pezzo unico di 45 metri di lunghezza, ancorato come fosse stato parte della casa da sempre. Smontiamo le ante del lavandino con la padrona di casa e decidiamo il punto di “attacco”, distante 20 centimetri dalla gatta, per evitare numeri di magia mal riusciti. Così, mentre la signora tranquillizza il felino, io inizio a demolire la costosissima cucina. Da mancino posso dire con ragione che il razzismo dei destrorsi è qualcosa di indecente: rannicchiato in una posizione improbabile, mi trovo a tagliare l’unica cucina di legno massello, utilizzando un arnese che dall’impugnatura in avanti è pensato esclusivamente per un destro. Dopo mezz’ora di sudore e fatica infernali avevo appena intaccato la staffa da tagliare. La gatta più che preoccupata mi guardava incuriosita e nonostante tutto la situazione non poteva che essere divertente. Un mal di schiena e 20 minuti dopo la situazione era già meno simpatica e il pezzo di legno d’acciaio ancora piuttosto saldo. Chiedo una pausa e la signora rilancia di un caffé. Arrivato ormai allo zucchero, mentalmente pronto a surclassare Ercole e le sue ridicole fatiche, vedo la gatta che scivola sinuosa dalla presunta trappola e, con la nonchalance tipica dei felini, si dirige tranquilla verso la ciotola.




Del resto la gatta si chiama Diabolika.

1 commento:

Zima ha detto...

I gattastri sono gattastri: inutili e dannosi animali. Anch'io ne ho uno e ne so qualcosa. Oltretutto non mi ci posso mai divertire, perché sul più bello si mette a chiamare aiuto e arriva di corsa la mia umana a sottrarmelo...che ingiustizia!

Ma cosa c'era di buono in quella ciotola? Mmmm...