lunedì 27 agosto 2012

Ricordi...dolorosi


Sebbene i miei racconti testimonino il contrario, in generale non apprezzo le visite domiciliari. Gli animali a casa loro sono sempre meno visitabili di quanto non siano in ambulatorio, così come le indagini che si possono effettuare su campo pagano l'intrasportabilità di molte attrezzature. Ma quando ricevetti la telefonata della proprietaria di Fusillo e Tremolo decisi che non c'era motivo di rifiutare la richiesta: la giornata estiva era splendida, la casa a pochi passi dal mio ambulatorio, i gatti dovevano solo essere sottoposti alla visita annuale con vaccino e Tremolo, con i suoi 9 kg di peso era difficile da trasportare. Così fissai l'appuntamento per la chiusura del pranzo e continuai a visitare i pazienti del mattino.

Arrivata l'ora di chiusura preparai dunque oto e fonendoscopio, termometro, siringhe e due dosi di vaccino. Arrivai, stranamente, puntuale all'appartamento dei due gatti e, terminati i saluti del caso ai padroni di casa e alle tre figlie (Elena, Anna e Silvia), iniziai a prepararmi.
Tremolo si fece trovare sulla sedia all'ingresso e quindi iniziai da lui. Per quanto tranquillo, mi ricordavo che non fosse effettivamente il gatto più pacifico del mondo, usai quindi una certa circospezione nel visitarlo. Ma la cosa procedette molto meglio del previsto. Il terribile ed enorme gatto godeva di ottima salute e non fece segno di accorgersi neppure della puntura. Con un certo sollievo, dunque, la pratica Tremolo fu archiviata ed anche i 5 membri della famiglia allentarono l'involontaria tensione. Il gattone scese dalla sedia serafico, si strusciò un paio di volte contro le mie gambe e si allontanò. 
Nulla lasciava presagire che in quella stessa casa, entro pochi minuti, si sarebbe consumata la scena più drammatica della mia vita professionale fino ad oggi.
Compilai il libretto del gatto appena vaccinato chiacchierando con la padrona di casa ed Elena si offrì di prendere Fusillo, il mansueto tra i due gatti di casa, oltre che il più divertente: quando era stato trovato infatti, aveva vissuto recluso nel bagno di servizio per le prime due settimane (onde evitare le gelosie di tremolo) e da allora aveva preso l'abitudine di dormire nel bidet, senza alcuna possibilità di convincerlo a cambiare giaciglio notturno, neppure a distanza di quasi due anni. 
Il gatto venne quindi preso in braccio e portato sul tavolo dove lo avrei sottoposto a trattamento analogo al fratello maggiore. A differenza del fretellone però, Fusillo si mostrò spaventatissimo da subito e cercava di sfuggire in tutti i modi alla mia presa.
Ed è qui la situazione precipitò: la cosa non sfuggì a tremolo che, affacciatosi dalla stanza dove si era ritirato, mi fissò per un istante, mutò espressione ed io capii che non ne saremmo usciti vivi. Tentai di calmarlo con la liberazione immediata di fusillo, la cui fuga a gambe levate ebbe un effetto anche peggiore: vinti gli indugi il gatto si lanciò all'attacco e salto addosso alla padrona, graffiandole vistosamente il braccio. Le urla delle quattro donne si alzarono in un sol coro, Elena rimproverava il gatto, Anna, la più grande, iniziò a piangere e strillare, mentre Silvia invocava a gran voce la calma di tutti. Da cavalier serventi, il padrone di casa ed io cercavamo di distrarre il gatto, io tentavo anche di mantenere un tono pacato per infondere calma negli astanti. Ebbi talmente successo che Anna si arrampicò su una sedia urlando che quel gatto psicopatico doveva essere buttato fuori casa per sempre o se ne sarebbe andata lei, Silvia allora prese le difese del gatto ed attaccò la sorella arrampicata tacciandola di crudeltà ed intimandole di non provare mai più a dire una cosa del genere. Tremolo, forse allarmato dall'insidiosa proposta di essere cacciato, aggredì Anna sulla sedia e le tracciò sulla gamba un graffio di almeno 30 centimetri. In buona sostanza la situazione era largamente sfuggita di mano a tutti. La madre che grondava sangue ed acqua ossigenata dal braccio riuscì a far spostare Anna nel bagnetto dove si chiusero per medicarsi, con le urla della ragazza che ancora strillava irripetibili invettive contro il gatto, Silvia che restituiva al mittente insulti e minacce, mentre Elena cercava (urlando a sua volta) rifugio dietro il padre. Io cercavo di farmi venire un'idea, ma un gatto feroce di 9 kg è tra gli incubi peggiori che si possano immaginare. In un singolare mezzogiorno di fuoco tremolo ed io ci fronteggiammo nello stretto corridoio della casa. Fu lui a fare la prima mossa: mi corse incontro saltando sulla mia gamba destra ed aggrappandosi con le 4 zampe (e i 18 artigli) nella carne. Non contento dell'assalto, ebbi appena il tempo di vedere il suo corto collo prendere la rincorsa, prima di avvertire il più doloroso morso a 4 canini della mia vita dritto dritto nel polpaccio. Calciai d'istinto e sentii le unghie che si staccavano non senza conseguenze dalla mia gamba, trascinate da 9 kg di ferocia. Il gatto sbatté contro il muro e si rigirò ancora più inferocito, alla ricerca di una nuova preda. La mia gamba grondava sangue, ma giuro che mantenni il contegno cercando di vincere il panico degli altri. Chiesi a gran voce una coperta. Il padrone di casa allora si illuminò e corse nel bagno principale ritornando con un asciugamani da viso che avrebbe coperto a malapena mezzo gatto. Lo ringraziai ed ebbi anche modo di dire che non mi ero spiegato bene: avevo bisogno di una coperta più grande e li avrei fatti assistere a una magia. 
Fu Silvia a risolvere la situazione: tolse il copridivano da una delle sedute della sala e mi venne incontro fiduciosa. Iniziammo insieme quindi a stringere all'angolo il felino furibondo che, ringhiando, soffiando ed artigliando l'aria, perse ben presto ogni via di fuga. Con un ultimo gesto lanciammo quindi la coperta su Tremolo, il quale si bloccò immediatamente. L'attimo di tregua consenti a tutti di recuperare, se non la calma, la capacita del silenzio. La madre delle tre ragazze uscì dal bagno visibilmente provata più dalla figlia che dal gatto, il braccio malconcio ma medicato. Mi offrì del disinfettante. E mentre ripulivo ferite e gamba (affettando indifferenza al lancinante dolore che la manovra causava), proposi una interpretazione dell'accaduto che mettesse in buona luce lo scriteriato comportamento del gattone. Spiegai inoltre che pochi minuti sotto la coperta (della cui protezione il gatto non accennava a volersi liberare) sarebbero bastati per riportare alla famiglia il Tremolo di sempre. A queste parole dal bagno si riaccese Anna che riprese a pretendere l'immediata espulsione del mostro peloso dalla famiglia. Silvia ed Elena iniziarono a protestare e (visto che i genitori delle tre ragazze sembravano in procinto di unirsi alla discussione) fui costretto ad alzare il tono della voce per evocare il silenzio che ci avrebbe salvati tutti. Dopo un minuto di quasi silenzio (il pianto isterico di Anna aveva lasciato il posto ad una incontrollabile sequenza di singhiozzi) mi avvicinai alla coperta, tentai due colpetti sulla testa di Tremolo che non accennò alcuna risposta. Ne fui confortato: iniziai lentamente a togliere il copridivano e restituire la libertà al gattone, avvertendo la tensione che saliva nella stanza. Io stesso, pur dovendo fingere tranquillità, temevo per l'incolumità della gamba sinistra. 
Come promesso invece, il trucco funzionò perfettamente e dal mantello estrassi un altro gatto, tranquillo ed incline a farsi accarezzare. Come nulla fosse, quella stessa belva feroce che aveva tenuto sotto scacco sei persone fino a poco prima si incamminò pacifico verso una stanza e vi sparì. Apparentemente dimentico di ogni ostilità. 
La calma era restituita, ripresi i miei attrezzi ma non vaccinai fusillo, né ritenni indispensabile raccomandarmi di verificare sul libretto le scadenze dell'anno successivo. 
Le due ragazze ancora in circolazione erano eccitate e divertite a quel punto, la madre aveva recuperato la lucidità necessaria per imporsi sull'unica figlia ancora preda di una crisi di panico. Il padre era piuttosto allibito e mi chiese quante altre volte mi fosse capitata una cosa del genere. Lo tranquillizzai: il suo gatto aveva il primato di lesioni inferte fino a quel momento della mia attività. 
E, fortunatamente, il record resiste ancora oggi, a quasi un anno di distanza, insieme alle vistose cicatrici che quella storia mi ha lasciato.