giovedì 31 luglio 2008

Ai confini della realtà


Sono disposto ad ammettere che i miei racconti siano spesso quasi inverosimili, ma voglio rassicurarvi: è tutto vero. Senza questa premessa, non sarete mai disposti a credere alla mia esperienza AI CONFINI DELLA REALTA’ (uuuuuuuuuuuuuuuuh!!!).
Come gran parte delle cose assurde, tutto ebbe inizio in modo assolutamente normale: era un pomeriggio come tanti di primavera. Avendo lavorato la notte precedente, avevo il giorno libero ed ero ben deciso a godermelo: avevo gambe riposate (e giovani, sigh!), pattini logori e una mazza da hokey nuova fiammante. I miei amici erano già sul campo e prometteva di essere una giornata coi fiocchi. Indovinate? DRIIIIIIIIN!! Lo so, oggi non mi sarei mai portato dietro il telefono, ma all’epoca il cellulare era ancora una mezza novità, quindi me ne separavo mal volentieri. “pronto?”, “Dottore sono Silvana, la proprietaria di Ettore, deve correre da me perché ho un’emergenza”. Silvana era di strada, nessun problema quindi: mi sarei fermato da lei, avrei valutato la situazione e, qualora fosse stata seria, avrei suggerito di portare Ettore in clinica. Figurone e partita salva. Arrivai al cancello di Villa Silvana (Giuro!!) e suonai. Da un punto lontano, imprecisato, si diffuse per un istante il lamento di un cane, che si confuse subito dopo con il frinire di una cicala piuttosto insistente. Guardai l’orologio con un certo disagio: 20 minuti per arrivare al campo…l’uggiolare del cane mi arrivò di nuovo, un po’ più forte e tormentoso. Rimasi dunque sbigottito quando il portone della casa si aprì e vidi Silvana ed Ettore venirmi incontro al cancello. Ettore saltellava allegro…ma allora chi piangeva!? Silvana mi aprì il cancellino pedonale, con modi un po’ nervosi, scusandosi perché il comando da casa non funzionava da qualche giorno (il lamento del cane riprendeva a tratti, spezzando la calma del pomeriggio). La padrona di casa non sembrava ansiosa di svelare l’arcano, dunque mi costrinsi a tagliar corto e le chiesi quale fosse il motivo per cui mi aveva chiamato. Fare molta molta attenzione: questa domanda, fatta al momento giusto (e cioè durante la telefonata), avrebbe potuto evitare questo strano evento. Silvana si decise a dirmi che proprio non riusciva a spiegarsi come fosse accaduta una cosa del genere, che non si era mai trovata di fronte ad una situazione così assurda…”e del resto non voglio trasformarla in uno spettacolo da circo - stava dicendo appunto - Qui bisogna essere cauti e ragionare bene sul da farsi. Preparati, perché potresti avere un piccolo shock”. Durante questa conversazione avevamo colmato la distanza tra noi e il lamento, attraversando il giardino e arrivando alla porta della serra. Silvana impugnò la maniglia. Lo ammetto, mi trovavo ormai in uno strano stato di attesa: qualsiasi cosa ci fosse dall’altra parte della porta non poteva che essere straordinaria. Finalmente la padrona di Ettore (anche lui di fronte alla porta, ma incosciente dell’enfasi del momento) esclamò: “oggi stavo passeggiando con Ettore su in collina ed abbiamo incontrato due cani gemelli congiunti!!”. Aprì la porta e il mio rullo di tamburi mentale si trasformo in un rumore di vetri frantumati. Due cani, incredibilmente simili per mole e aspetto, questo devo ammetterlo, se ne stavano piuttosto spaventati in un angolo della serra, cercando di capire cosa sarebbe successo loro. Guardai Silvana, pallida in viso, che iniziava a comprendere. La sua mente tuttavia, troppo eccitata all’idea della scoperta del secolo, si opponeva ancora alla logica dell’evidenza: “Oh che dolore! Per la la paura devono essere riusciti a staccarsi!”. Guardai Silvana come un genitore che debba dire a suo figlio che Babbo natale non esiste. Le feci notare che non c’era traccia di sangue e che, a occhio e croce, i due cani dovevano essere un maschio e una femmina. Tuttavia, se avesse avuto pazienza, di gemelli in quella serra ne avrebbe visti parecchi, anche se magari non congiunti. Silvana mi guardava interdetta e io non volevo che correre a giocare a hokey. Anche se bruscamente riportai, l’affranta donna alla realtà: le dissi che per i cani è normale, alla fine di un…incontro amoroso, rimanere attacati. Non le chiesi, ma avrei voluto, come diavolo avesse fatto a caricarseli in macchina e poi a spostarli nella serra senza separarli. Mi feci invece aiutare a prendere i cani, cercare i tatuaggi (che per fortuna c’erano) e rintracciare i proprietari. Silvana fece quanto le chiesi, solerte, ma contrariata e la capisco: la sua “scoperta” era molto più eccitante della realtà. Per farla breve i due cani vennero restituiti ai rispettivi proprietari, ma non potei prendermi neppure in parte il merito: ero già impegnato a perdere, credo 12 a 5, la mia agognata partita di hokey.
Del resto…l’importante è partecipare…

questione di ... specie

Non potei non farci caso. Avevo la sala d’attesa piena di pazienti accaldati e proprietari innervositi. E lei se ne stava in un angolo, sorridente e tranquilla. E non aveva animali. Mentre facevo accomodare Jean Jacques (vi ricordate di lui? Primo racconto, per gli smemorati) per il controllo mensile, le chiesi se era lì solo per fissare un appuntamento, nel qual caso avrei potuto farlo subito, liberandola dall’attesa. Mi rispose che aveva un po’ di domande e che avrebbe aspettato volentieri. Non la definirei solo bella, direi anzi che a colpire, più del suo aspetto era la serenità che emanava. Ritornai alle miei visite, ma ogni volta che lasciavo entrare un nuovo cliente, mi domandavo quali fossero i dubbi tanto importanti da convincere la padrona di pet più paziente che avessi mai visto a non desistere. Finalmente arrivò il suo turno, la feci accomodare e le chiesi di parlarmi del problema. Laura (che non si chiama così ovviamente) mi rispose chiedendomi se avevo un macchina per fare esami radiografici. “Naturalmente!” le risposi ignaro. “Bene, allora dottore mi deve aiutare”. Campanello d’allarme: iniziai a pensare ad una situazione incresciosa di diagnosi fatta altrove e non condivisa dal cliente il quale, abbandonato il veterinario di sempre, ne cerca uno che possa cambiare le carte in tavola. Intendiamoci: un parere esterno può essere molto utile, ma deve seguire delle norme etiche che qui, visto il tono di segretezza che andava assumendo la conversazione, stavamo per calpestare alla grande. Laura infatti mi stava raccontando di aver perso fiducia nei medici, che si contraddicono continuamente, che mettono sempre in dubbio la buona fede del paziente e vogliono avere sempre l’ultima parola sulla malattia. Ecco, ci siamo! Ora le chiedo la natura del problema e il nome del collega che ha in cura il suo cane o gatto che sia, almeno posso chiamarlo subito ed evitare di fare un danno ancora più grande. “insomma Alessandro - posso chiamarti Alessandro (anche no) - bisogna che tu mi faccia una radiografia al torace, perché ho una costola rotta, ma non voglio più tornare in ospedale”.

…avrei preferito dover difendere cinquecento colleghi. L’immagine fiabesca mi crollò davanti agli occhi e invece della impaurita fanciulla da salvare, mi trovai di fronte una gatta da pelare non male. Si perché alla affermazione: “abuso di professione”, Laura non fece una piega: “ma tanto resta tra noi” disse, “la radiografia la lascio a te e la puoi tranquillamente buttare. Voglio essere solo tranquilla che tutto stia andando bene!”. Certo. E io non vorrei andare in prigione!!
Ragionammo per circa altri venti minuti prima che mi venisse in mente la più galattica delle balle: “Laura guarda, ti aiuterei volentieri, ma le macchine per veterinaria, emettono radiazioni a dosaggi molto più bassi di quelle per le persone, del resto gli animali sono molto più piccoli. Nel tuo caso la radiografia risulterebbe illeggibile”. Mi guardò come se le avessi detto che il sole gira attorno alla terra, ma fece finta di accettare la pietosa scusa. Era ancora incerta mentre ci salutavamo, ma infine mi chiese: “Quindi se mio figlio dovesse avere bisogno, visto che ha 8 anni, te lo posso portare?”.

venerdì 25 luglio 2008

La settimana enigmistica




Forse non tutti sanno che...


"Dottore, ma l'antibiotico scioglie il corpo?"
"No signora, quello e' l'acido"

"Dottore, ma per fare l'anestesia alla mia Sissy me la intuba?"
"naturalmente"
"Ah no! Allora la porto da quell'altro veterinario che le fa una punturina e via!"

Nb: l'anestesia con intubazione e' una tecnica che offre garanzie di sicurezza molto più elevate rispetto a quella senza, in quanto consente un controllo più tempestivo dell'attivita' respiratoria...

Scovate la differenza

"Signora, la gatta deglutisce?"
"No dottore, ingoia e basta"

"Il suo gatto e' castrato?"
"No no dottore, l'avete sterilizzato voi 4 anni fa!"


La sfinge

(ovvero: ma che avranno voluto intendere...)

"Vede signora, il suo cane ha un forte dolore sul posteriore, e per questo non riesce a più a mantenere la stazione eretta".

"....mh...e...con questa terapia che mi ha prescritto, Billy dovrebbe riuscire ad avere un'erezione decente?"

"beh questo non lo so, ma probabilmente riuscirà a stare in piedi"



"Allora, che terapie sta facendo il suo gatto al momento?"

"Minou prende le pasticchine per la pressione e per i reni: la furosemide e il ...il...ah si: il domopak!"

martedì 22 luglio 2008

Sempre vigile!


A volte mi chiedo perché. Perché ogni volta che hai detto di voler fare il veterinario tutti hanno risposto: “che bello”, “che meraviglia”, “beato te, sempre in mezzo agli animali..”. perché mai nessuno ti ha chiesto: “ma sei sicuro? No, perché conosco un tizio, che è amico di un tizio che sa di un tale, la cui sorella ha un gatto e il marito di lei dice che il loro veterinario fa una vita d’inferno!”.

Almeno uno lo sa e si prepara. come si dice...ci fa pace!

Per esempio: ieri, domenica, tornavo da Perugia, da casa dei miei, ero a pochi chilometri ormai da Firenze e pensavo alle braci nel mio giardino, già in preparazione per accogliere un’orgia di pesce. DRIIIIIIIIIN (se ci fate caso è piuttosto ricorrente nei miei…resoconti).
Ora, le compagnie telefoniche, quelle che progettano e costruiscono i telefoni, inseguono tecnologie assolutamente futili: io vorrei un telefono che mi faccia capire in anticipo se è opportuno rispondere o meno. Magari cambiando colore. Tipo: Verde? Tutto ok, la persona che sta chiamando non trasmette tracce di stress; via libera, rispondi pure. Giallo: mh…non sono sicuro: c’è dello stress, ma forse è solo un tipo nervoso. Rispondi a tuo rischio. In fine Rosso: buttami. Più lontano che puoi! O perlomeno NON RISPONDERE!!
Se avessi avuto un telefono del genere, domenica sera sarebbe diventato rosso, incandescente e, probabilmente, si sarebbe autodistrutto per proteggermi. Ma non è andata così: il mio telefono fa le foto, i video, fa sentire la musica e vedere film e TV, ti dice se sbagli strada, meglio: sa sempre dove devi andare. Ma non ha nessuna capacità predittiva sull’umore di chi sta chiamando.
Torniamo al driiin: cliente in attesa, rispondo. “Pronto?”. “Alessandro sono Renata, perdonami, ma Otello è appena tornato dalla passeggiata e starnutisce a più non posso”. In questa stagione purtroppo un messaggio del genere equivale a: “il mio cane ha un forasacco nel naso”. Una di quelle insulse spighette con cui giochi da piccolo…poi da grande le cose cambiano: se possiedi un cane o devi curarlo, inizi ad odiarle.
Allontanai con dolore i pesci dalle mie priorità e dissi a Renata di aspettarmi in ambulatorio. Il tempo di riportare Jules a casa ed eccomi di fronte ad Otello. Un labrador nero tutto lingua e grasso. Naturalmente neppure l’accenno di uno starnuto e quasi avevo voglia di mettere la testa sotto la sabbia e aspettare altri sintomi, ma quella narice sinistra appena arricciata non lasciava presagire nulla di buono. Cinque minuti e Otello russava saporitamente sul mio tavolo visite. Iniziai ad esplorare la narice destra, perlustrando ogni minimo anfratto dei turbinati. Tutto era rosa ed appariva come doveva essere. Entrai dunque nella narice sinistra, dove invece imperversava una guerra: le mucose erano congeste, gonfie, lo spazio libero ridotto al minimo ed iniziava un lieve sanguinamento. Non faticai comunque molto a trovare il colpevole: un minuscolo forasacco ben piantato tra i turbinati. Lo afferrai con decisione e lo estrassi. Il tempo di controllare che non ci fossero altri frammenti e Otello fu libero di risvegliarsi. Incredibile: ancora in tempo per il pesce!!! Le ultime raccomandazioni e spedii Renata e un traballante Otello a casa. Chiusi l’ambulatorio, ringraziai mentalmente per la sfacciata fortuna (errore) e mi diressi verso casa. Tutti erano in giardino a banchettare quando arrivai. Raccontai l’inconveniente (le disavventure dei veterinari agli occhi degli altri sembrano sempre magnifiche avventure…ecco il guaio!). Avevo appena iniziato a mangiare quando il telefono squillò nuovamente. Attimi di panico. Guardai il numero, ancora Renata: probabilmente aveva bisogno di qualche chiarimento. “Pronto!” – Alessandro sono di nuovo Renata, scusami ma ho paura che anche Yago abbia qualcosa nel naso, ha iniziato a starnutire come Otello – E qui, a costo di annoiarvi è bene fare un piccolo inciso: si deve sempre dosare con precisione il terrore da infondere nei proprietari. Troppo poco e si befferanno dei tuoi avvertimenti, un pizzico di troppo e quello che poteva essere rimandabile a domani diventa un’emergenza.
“Mi hai detto – proseguiva intanto Renata – che non è mai opportuno aspettare in caso di forasacco e quindi mi sono permessa di chiamarti. Non è che potresti vedermelo?”. Tra gli occhi interrogativi dei miei ospiti mi alzai e mi rimossi verso l’ambulatorio. A Yago non concessi il beneficio del dubbio: quando arrivai, lui era già sul marciapiedi che mi aspettava starnutendo. Subito a nanna, estratto il forasacco, il tutto in 25 minuti netti ed eccomi ad aspettare che il mio paziente fosse in grado di tornare a casa sulle sulle sue zampe. Non ci avevo messo più di 40 minuti e quando tornai a casa, mentre tutti ormai fumavano davanti ai caffè, io abbracciai il vassoio dei pesci e feci man bassa di quanto era rimasto. Di nuovo in pace col mondo mi rilassai ed ero a perorare la causa di Goldrake versus Mazinga (figuriamoci) quando il telefono squillò di nuovo. E se fosse stato un telefono come vorrei io, questa volta sarebbe arrossito sul serio, almeno per la vergogna: per la terza volta Renata cercava di mettersi in contatto con me. Quando metto in anestesia un cane e poi lo risveglio, mi tengo in allerta per le successive 12 ore, figuriamoci se i cani sono addirittura due! Eppure quando vidi il numero ormai familiare sul display del telefono, fui colto da una fitta d’ansia ancora più dolorosa. Mancava ancora Ofelia. Voi non ci crederete mai e non vi biasimo: sembrerebbe assurdo persino a me, eppure 15 minuti dopo questa telefonata ero di nuovo in ambulatorio ad estrarre un forasacco dal naso di Ofelia.
- Che fai? Il veterinario? Che bel lavoroooo