martedì 18 dicembre 2012

Non c'è due....


Svelerò subito che questa storia ha un lieto fine. D'accordo la suspance, ma se non mi ripetessi che alla fine tutto si è concluso nel migliore dei modi, sarei a disagio a parlare di quanto avvenuto nei primi giorni dell'ultimo mese dell'ultimo anno.
Quanto segue non ha una reale spiegazione scientifica, quindi come già detto in passato, credetemi sulla parola: la realtà ha molta più fantasia della finzione.

Il caso: cane, tre mesi, maschietto, incrocio boxer con altro generico cane. Delizioso. Nonostante un nome neutrale (Boris), il cane che arrivò da me per la prima visita di routine un mercoledì, il lunedì successivo era in sala chirurgica per una calcolosi tra le più severe che abbia mai visto e, senz'altro, la prima che mi sia capitato di diagnosticare in un animale così giovane. Fin'ora.
Fatto sta che il cane viene sottoposto a chirurgia, una cistotomia per la precisione. E la ripresa è molto buona. La sera stessa, con due ore di anticipo sull'appuntamento, imploro i proprietari di venirselo a prendere, perché il mostrino, in grande spolvero, sta dando segni di impazienza...ed io con lui. Fin qui tutto bene. Quello che mi addolora raccontare è che la notte stessa io piccolo tornò, nuovamente ostruito da alcuni calcoli che avevamo visto radiograficamente nei reni e che avevamo deciso di non asportare per la invasività dell'intervento. Memo mentale: evitare di non seguire un protocollo alla lettera: nel nostro ambulatorio, le quattro volte che, a torto o ragione, abbiamo scelto la via più facile (in questo caso per il paziente), tutto il decorso ha scelto di seguire un cammino...terrificante.
Ma torniamo a Boris: sono le 22.30 e arriva il primo messaggio della proprietaria: "Dr, mi dispiace disturbare, ma Boris, dopo due belle pipì, ora tenta inutilmente d urinare, che facciamo?". Segue mia risposta: "nessun problema (scritto con la fronte imperlata di gelido sudore): è sicuramente l'infiammazione dei tessuti dopo l'insulto chirurgico, aspettiamo un'ora e vediamo che succede". Inizio del calvario psicologico: da quel momento in avanti impiegai il mio tempo con serafica placidità: impastai il pane, bollii cavolo nero e fagioli per la ribollita (non baro: con la pentola a pressione ci metto 45 minuti) e controllai il telefono circa 79 volte.
Finalmente le 23.30 arrivarono e con esse il messaggio che speravo rimanesse una mia paura: "Dott, mi spiace, ma Boris ancora non urina, in compenso non trova pace e tenta inutilmente ormai da un'ora e mezza, pensa che possiamo aspettare". No! Non penso, diamine. Non penso proprio e non penso nemmeno che sia possibile che un cane di 3 mesi abbia 70 grammi di calcoli in vescica. Trovo altresì impossibile che la rimozione degli stessi abbia esitato in una pace di sole 8 ore e mi sembra FOLLE che questo scambio di messaggi stia davvero accadendo. "No, in effetti non è normale, vediamo in ambulatorio tra venti minuti".
Imprecando divinità vere ed inventate per l'occasione, mi rivestii e presi la via angosciosa per il mio ambulatorio. Arrivammo contemporaneamente Roy, i suoi proprietari ed io. Fumai una sigaretta ben augurale e li feci accomodare in sala visite direttamente mentre mi cambiavo. Il fatto di aspettarmelo non rese meno spiacevole la sensazione di percepire una vescica esageratamente distesa nella pancia di quella piccola creatura che, nonostante dolori vari trovava il modo di scodinzolarmi e lanciarmi linguatine affettuose.
"Ragazzi, purtroppo c'è nuovamente un'ostacolo al deflusso di urina, temo di dover mettere un catetere per cercare di arrivare in vescica e svuotarla". "Certo dottore, se possiamo aiutarla..." (Ecco, questa è la formula magica). "Si grazie, dovremo tenerlo fermo e sdraiato sul fianco". Posizionato il cane iniziai ad estrarre il catetere dalla confezione, lo lubrificai ed iniziai l'inserimento. Dopo circa tre secondi dall'inizio della procedura, la proprietaria abbandonò la postazione: "non mi sento molto bene, ho la pressione bassa, secondo me sto per svenire" e si accasciò su una poltroncina. Dovettero passare almeno dieci secondi prima che il proprietario, stoico aiutante, cambiasse il colorito del viso in un preoccupante verde oliva: "temo di non sentirmi molto bene neanche io". "Buttati subito a terra, perché tu a una poltrona non ci arrivi, presto" "no no resist...." È si accasciò al suolo accartocciandsi lentamente su su stesso, con un conclusivo contatto  della fronte sul pavimento, il tutto - giuro - ad una velocità incredibilmente lenta!
Così rimasi, col cane sdraiato sul tavolo, i proprietari variamente scomposti nell'ambulatorio, e Boris che, tirata su la testa, mi guardava perplesso...

Epilogo: il giorno successivo, sostituito da Elena, mi godevo il viaggio per la montagna quando ricevetti una telefonata dall'ambulatorio, era Elena: "Non ci crederai mai: ho dovuto cateterizzare nuovamente Boris. Questa volta è svenuta l'amica dei proprietari".

Epilogo bis: purtroppo è stato necessario operare Boris una seconda volta, ma ora lui (e io) siamo felici di dirvi che sta parecchio bene!

1 commento:

Giuliana ha detto...

ahahah! Non ci credo...