Era una notte calda e afosa questa volta. Le 2 passate e stavamo aspettando, in un paesino sperduto vicino Siena, un collega con il suo bulldog, Cesare, che ci avrebbe salvato la vita.
Avevo discusso la mia tesi di laurea 3 giorni prima e mi trovavo già in prima linea con Laura, amica di sempre, veterinaria da poco più tempo di me, e Penelope, il suo bassethound, che non la smetteva di sanguinare copiosamente dal naso. La colpevole un’agguerrita quanto, all’epoca per me, sconosciuta Leishmaniosi (ok, non la conoscevo, ma avevo già capito quanto potesse rompere!). Un’occasione d’oro per il mio battesimo di fuoco.
La vicenda si protraeva ormai dalle 18.30 precedenti: Laura mi aveva chiamato dicendomi che Penelope aveva una forte epistassi e non sapeva che fare. A quell’epoca lei faceva già pratica presso un collega quindi, con mia somma invidia, era un pozzo di scienze rispetto a me. Mi disse che le aveva già provate tutte, ma non c’era stato verso di arrestare l’emorragia. L’unica cosa che rimaneva da fare era una trasfusione. Il donatore c’era, quello del suo mentore, bisognava solo arrivare vicino a Torrita di Siena e le serviva un autista, mentre lei avrebbe cercato di evitare che la macchina prendesse le sembianze di un mattatoio ambulante…un apporto tutto veterinario il mio, non c’è che dire…ma poco importa: alle 21, come da istruzioni del collega, ci mettemmo in viaggio. Alle 21.30 eravamo già, puntualissimi, di fronte all’ambulatorio. Nel frattempo il sangue di Penelope aveva rallentato la sua corsa folle verso il mondo esterno, forse perché ne rimaneva troppo poco. La trasfusione rimaneva comunque una necessità impellente viste le copiose perdite. Entrammo in ambulatorio con la copia delle chiavi di Laura ed iniziammo i preparativi per la trasfusione. Erano passato almeno altri 20 minuti ma di Enrico (il collega) e Cesare nessuna traccia.
Alle 22.30, vinti gli indugi, lo richiamammo e lui rispose masticando sonoramente che sarebbe arrivato in una mezz’ora. Noi eravamo digiuni e affamatissimi…accogliemmo la notizia con un …moto d’impazienza, ma non avevamo molte alternative. Alle 23 passate però iniziammo a preoccuparci per le sorti del disgraziato collega. Altra telefonata e finalmente la verità: “Laura scusa ma sono a Roma, però ho finito di mangiare, ora mi metto in macchina e arrivo. Per farla breve torniamo alle 2.30: sonnecchiando sulle poltroncine della sala d’attesa sentimmo una macchina arrivare tipo Starsky e Hutch, sgommando sul piazzale. Ne scese un simil-galeotto con gli occhi spiritati e il sorriso satanico, seguito da un bulldog assolutamente indifferente che ci fece due feste e si gettò sui resti delle nostre pizze. In 5 minuti quello stesso cane se ne stava immobile sul tavolo visite a farsi rubare un po’ di sangue tra schizzi e aghi. A me toccò il compito di agitare la sacca con l’anticoagulante ai piedi del tavolo. Sarà stato il caldo estivo, sarà stata l’ora impossibile o il sangue caldo che si agitava sulle mie mani ma, a dirla tutta, stavo per svenire e mi salvò solo una zolletta di zucchero presa direttamente dalle mani sporchissime di Enrico il quale sentenziò: “ragazzo mio, complimenti per la laurea, ma tu non sarai mai un veterinario!”.
Avevo discusso la mia tesi di laurea 3 giorni prima e mi trovavo già in prima linea con Laura, amica di sempre, veterinaria da poco più tempo di me, e Penelope, il suo bassethound, che non la smetteva di sanguinare copiosamente dal naso. La colpevole un’agguerrita quanto, all’epoca per me, sconosciuta Leishmaniosi (ok, non la conoscevo, ma avevo già capito quanto potesse rompere!). Un’occasione d’oro per il mio battesimo di fuoco.
La vicenda si protraeva ormai dalle 18.30 precedenti: Laura mi aveva chiamato dicendomi che Penelope aveva una forte epistassi e non sapeva che fare. A quell’epoca lei faceva già pratica presso un collega quindi, con mia somma invidia, era un pozzo di scienze rispetto a me. Mi disse che le aveva già provate tutte, ma non c’era stato verso di arrestare l’emorragia. L’unica cosa che rimaneva da fare era una trasfusione. Il donatore c’era, quello del suo mentore, bisognava solo arrivare vicino a Torrita di Siena e le serviva un autista, mentre lei avrebbe cercato di evitare che la macchina prendesse le sembianze di un mattatoio ambulante…un apporto tutto veterinario il mio, non c’è che dire…ma poco importa: alle 21, come da istruzioni del collega, ci mettemmo in viaggio. Alle 21.30 eravamo già, puntualissimi, di fronte all’ambulatorio. Nel frattempo il sangue di Penelope aveva rallentato la sua corsa folle verso il mondo esterno, forse perché ne rimaneva troppo poco. La trasfusione rimaneva comunque una necessità impellente viste le copiose perdite. Entrammo in ambulatorio con la copia delle chiavi di Laura ed iniziammo i preparativi per la trasfusione. Erano passato almeno altri 20 minuti ma di Enrico (il collega) e Cesare nessuna traccia.
Alle 22.30, vinti gli indugi, lo richiamammo e lui rispose masticando sonoramente che sarebbe arrivato in una mezz’ora. Noi eravamo digiuni e affamatissimi…accogliemmo la notizia con un …moto d’impazienza, ma non avevamo molte alternative. Alle 23 passate però iniziammo a preoccuparci per le sorti del disgraziato collega. Altra telefonata e finalmente la verità: “Laura scusa ma sono a Roma, però ho finito di mangiare, ora mi metto in macchina e arrivo. Per farla breve torniamo alle 2.30: sonnecchiando sulle poltroncine della sala d’attesa sentimmo una macchina arrivare tipo Starsky e Hutch, sgommando sul piazzale. Ne scese un simil-galeotto con gli occhi spiritati e il sorriso satanico, seguito da un bulldog assolutamente indifferente che ci fece due feste e si gettò sui resti delle nostre pizze. In 5 minuti quello stesso cane se ne stava immobile sul tavolo visite a farsi rubare un po’ di sangue tra schizzi e aghi. A me toccò il compito di agitare la sacca con l’anticoagulante ai piedi del tavolo. Sarà stato il caldo estivo, sarà stata l’ora impossibile o il sangue caldo che si agitava sulle mie mani ma, a dirla tutta, stavo per svenire e mi salvò solo una zolletta di zucchero presa direttamente dalle mani sporchissime di Enrico il quale sentenziò: “ragazzo mio, complimenti per la laurea, ma tu non sarai mai un veterinario!”.
2 commenti:
E sei davvero così sicuro che avesse torto?
(scherzo, OVVIAMENTE. Da bravo, metti giù quel bisturi...)
...ma aggiornare il blog no????
noi lettori siamo in ansia e fremiamo nell'attesa.........
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