L’anno moriva assai dolcemente…mi sarebbe tanto piaciuto iniziare così un mio racconto. Ma più che alle opere di D’Annunzio, i miei pensieri somigliano ai romanzi di Snoopy: “era una notte buia e tempestosa...”.
Era una notte buia e tempestosa, appunto, e ringraziavo il Cielo di essere nel mio letto, al calduccio. E mi godevo tutto quel piovere, bene al sicuro tra le mura della mia casa in Piccione. Era circa mezzanotte ed indugiavo sulle pagine del libro dei libri: La versione di Barney. In poche parole: me la godevo. Niente di male fin qui. Il guaio è che me la godevo e gongolavo su questo mio star bene. Mi gongolavo a tal punto che, immancabile, squillò il telefono. Mentre riconoscevo sconsolato il numero della clinica per la quale lavoravo, mi obbligai mentalmente a trovare le parole magiche che mi avrebbero permesso di aiutare il collega di turno, per il quale ero reperibile (poveraccio!!), senza bisogno di uscire dal letto. Dopo 3 squilli di training autogeno ero pronto a rispondere: “Maurizio! Che succede?” dissi col tono più rassicurante che trovai. “Ciao Alessandro, scusa il disturbo, mi dispiace e bla bla bla” “Maurizio! – tagliai corto – vai al sodo ti prego!”.
“Si beh, ci sarebbe da mettere una cannula ad un cane e proprio non mi riesce…”.
“…Maurizio!!! Fammi capire: secondo te io dovrei lasciare il calduccio del mio letto, affrontare il diluvio universale, farmi 15 chilometri di strada, di cui 2 impraticabili, perché tu non riesci a mettere un ago in vena a un cane!?”
“…eh…mi sa di si…”
FANTASTICO!
Mi alzai come una furia, sembravo un pazzo, mi vestii al buio e scesi in strada. La macchina era giusto a 2 secchi d’acqua dal portone e quando la raggiunsi avrei già dovuto tornare in casa a cambiarmi. Salii imprecando e partii a razzo. La strada bianca, complice l’acqua, sembrava più un torrente da rafting e guadai a valle piuttosto che guidare, non senza difficoltà. Nel frattempo pensavo a cosa ci facessi in macchina con quel tempo, solo per aiutare un collega a fare la prima cosa che ci insegnano appena laureati. Per carità: mica è sempre facile, ma da lì a chiamare un collega nel cuore della notte per una stradannatissima cannula. In un cane per giunta, che come minimo pesava 30 chili a aveva vene come autostrade. Eddai!!
Comunque ormai ero arrivato e tanto valeva sbrigarsi: potevo sempre tornare a casa a godermi ancora un po’ il mio rifugio.
Entrai negli ambulatori e capii, mentre rischiavo un infarto: alle 00.30 di un neonato 16 gennaio, l’intero staff della clinica più qualche amico infiltrato mi aspettava intorno a 29 candele accese e una torta.
Ricordo ancora la sensazione esatta che provai: li avrei uccisi tutti.
Ma chi lo batte un compleanno così??
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3 commenti:
sei proprio sicuro che fossero 29 candeline?
mi sembra proprio...ma vogliamo forse cavillare? :o)
fosse stata vera, invece che una scusa, non mi sarei meravigliata, visto il soggetto! Però carina l'autoironia!
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