giovedì 31 luglio 2008

questione di ... specie

Non potei non farci caso. Avevo la sala d’attesa piena di pazienti accaldati e proprietari innervositi. E lei se ne stava in un angolo, sorridente e tranquilla. E non aveva animali. Mentre facevo accomodare Jean Jacques (vi ricordate di lui? Primo racconto, per gli smemorati) per il controllo mensile, le chiesi se era lì solo per fissare un appuntamento, nel qual caso avrei potuto farlo subito, liberandola dall’attesa. Mi rispose che aveva un po’ di domande e che avrebbe aspettato volentieri. Non la definirei solo bella, direi anzi che a colpire, più del suo aspetto era la serenità che emanava. Ritornai alle miei visite, ma ogni volta che lasciavo entrare un nuovo cliente, mi domandavo quali fossero i dubbi tanto importanti da convincere la padrona di pet più paziente che avessi mai visto a non desistere. Finalmente arrivò il suo turno, la feci accomodare e le chiesi di parlarmi del problema. Laura (che non si chiama così ovviamente) mi rispose chiedendomi se avevo un macchina per fare esami radiografici. “Naturalmente!” le risposi ignaro. “Bene, allora dottore mi deve aiutare”. Campanello d’allarme: iniziai a pensare ad una situazione incresciosa di diagnosi fatta altrove e non condivisa dal cliente il quale, abbandonato il veterinario di sempre, ne cerca uno che possa cambiare le carte in tavola. Intendiamoci: un parere esterno può essere molto utile, ma deve seguire delle norme etiche che qui, visto il tono di segretezza che andava assumendo la conversazione, stavamo per calpestare alla grande. Laura infatti mi stava raccontando di aver perso fiducia nei medici, che si contraddicono continuamente, che mettono sempre in dubbio la buona fede del paziente e vogliono avere sempre l’ultima parola sulla malattia. Ecco, ci siamo! Ora le chiedo la natura del problema e il nome del collega che ha in cura il suo cane o gatto che sia, almeno posso chiamarlo subito ed evitare di fare un danno ancora più grande. “insomma Alessandro - posso chiamarti Alessandro (anche no) - bisogna che tu mi faccia una radiografia al torace, perché ho una costola rotta, ma non voglio più tornare in ospedale”.

…avrei preferito dover difendere cinquecento colleghi. L’immagine fiabesca mi crollò davanti agli occhi e invece della impaurita fanciulla da salvare, mi trovai di fronte una gatta da pelare non male. Si perché alla affermazione: “abuso di professione”, Laura non fece una piega: “ma tanto resta tra noi” disse, “la radiografia la lascio a te e la puoi tranquillamente buttare. Voglio essere solo tranquilla che tutto stia andando bene!”. Certo. E io non vorrei andare in prigione!!
Ragionammo per circa altri venti minuti prima che mi venisse in mente la più galattica delle balle: “Laura guarda, ti aiuterei volentieri, ma le macchine per veterinaria, emettono radiazioni a dosaggi molto più bassi di quelle per le persone, del resto gli animali sono molto più piccoli. Nel tuo caso la radiografia risulterebbe illeggibile”. Mi guardò come se le avessi detto che il sole gira attorno alla terra, ma fece finta di accettare la pietosa scusa. Era ancora incerta mentre ci salutavamo, ma infine mi chiese: “Quindi se mio figlio dovesse avere bisogno, visto che ha 8 anni, te lo posso portare?”.

5 commenti:

Gemma ha detto...

Acc...peccato...e io che volevo farmi fare la gastroscopia da voi, la prossima volta! :-D

Alessandro ha detto...

abbiamo stabilito che dietro congruo compenso e a patto che passi il tempo ad abbaiare contrariata, si potrebbe anche fare!

Gemma ha detto...

Oh, bene! Prometto che starò zittissima.
(ma congruo quanto significa?)

Alessandro ha detto...

ma insomma!!

Gemma ha detto...

Ah...capisco, qui si sconfina nel segreto professionale! Chiedo venia. :-)