La malattia è tabù. Non fingetevi stupiti: della malattia non si può e non si deve parlare, a meno che non si tratti di una forma rarissima, complicatissima e curabilissima. Unica eccezione: si può parlare delle malattie altrui.
E nel parlarne c'è uno strano gusto estetico che riguarda la scelta dei termini che si possono pronunciare e quelli che, invece, sono assolutamente da evitare. In loro vece vengono usati giri di parole fenomenali, che non ho ancora capito se servano davvero a ridurre l'imbarazzo di chi parla o (e sono più incline a credere alla seconda ipotesi) se si prefiggono l'alto scopo di non far capire nulla al malcapitato medico di turno. naturalmente poi, il tutto viene pronunciato quasi sottovoce: "dottore, il gatto va alla cassetta, ma non riesce a fare le sue cose".
In ormai 8 anni di professione ho, per esempio, scoperto che la parola "feci" è off limits. "Quella grossa", "ha sporcato", persino "la porcheria" sono preferibili. Per non parlare della "gatta in caldo", che mi fa venire in mente una ricetta vicentina di gatto in umido.
Poi ci sono sciarade, sinonimi inesistenti e frasi in codice. forse il proprietario in quei casi pensa di essere una giovane marmotta oppure crede di stringere con il medico una sottile intesa privata. Una volta per tutte: noi non capiamo mai!! Non so, per esempio, cosa avesse in mente un giorno una signora quando mi telefonò per dirmi: "Dottore, al mio gatto gli trezzeca un dente" - come scusi? - "ah no, scusi lei: in realtà gli dringola". - Ah ecco...
1 commento:
Beh, almeno "dringola" è abbastanza onomatopeico...ma il "setolone"? Che sarà mai il SETOLONE (nota malattia del maiale)?
Magari tu lo sai... :-)
Uffa, mi sento "la commentatrice solitaria". Ora vado a inventarmi altre due o tre identità, ecco.
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